Dopo il grande successo di Speciale Twilight: dopo questo nemmeno la crisi economica ci fa più paura, IlComico e Jersey tornano per un altro evento degno delle loro quattro mani: il gran finale di Fringe. Ed è proprio grande, visto che è andato così bene da non permetterci neanche di lamentarci come dei veri nerd rompicoglioni. Insomma, non è che ci torni proprio tutto – abbiamo una certa età e il carico cognitivo di troppe serie tv si fa sempre più pesante – però sicuramente ha riscattato una quarta stagione decisamente “difficile”.

Ricapitoliamo. Fringe, creata da un J.J. Abrams post-Lost con i colleghi fantascientifici Alex Kurtzman e Roberto Orci, inizia come una sorta di procedural sy-fy, in cui in ogni episodio viene risolto un caso sovrannaturale. Nella seconda stagione viene introdotta una nuova linea narrativa, per la gioia di tutti noi: la scoperta dell’alternate world, il mondo parallelo. Un mondo dove le torri gemelle ci sono ancora, la statua della libertà è color bronzo, nei cieli non scorrazzano aerei ma dirigibili e ci sono gli stessi personaggi dell’altro, però con capelli e caratteri diversi. Nella terza stagione, gli universi si scambiano Olivia, la protagonista.
Visto che cercando di scrivere questo riassunto ci siamo resi conto che non ci abbiamo capito un cazzo, vi diciamo solo che da lì è il degenero spazio-temporale. E questo ci riporta alla stagione finale.
Siamo in un mondo distopico, completamente controllato dagli osservatori. Ma…sorpresa! Si scopre che gli osservatori non sono altro che l’evoluzione della razza umana nel futuro. Tutto inizia nel 2167, a Stoccolma. Una scienziata scopre che, sacrificando l’emozione della rabbia, è possibile incrementare le funzioni celebrali dell’essere umano. Per ogni emozione sacrificata, il cervello si attivava esponenzialmente, fino a eliminarle tutte e vivere solo di logica. Questo, oltre a far perdere i capelli, fa anche diventare tutti dei cazzoni inespressivi col cappello. Senza emozioni non c’è amore e come dice Venditti «niente sesso e niente amore», quindi la razza umana non si procrea più grazie alla samba orizzontale ma solo in provetta. Da qui nasce il ragazzino-osservatore, con gli stessi poteri dei suoi colleghi più grandi, ma con un’empatia ipersviluppata e in grado di provare emozioni. Quindi, per farla breve, l’eroe dei due mondi Walter Bishop prende il mini-osservatore empatico e se lo porta a Stoccolma nel 2167, per fermare l’invasione degli ultra cervelli. Così facendo, permette anche a Olivia e Peter di tornare nel passato e salvare la figlia. In sostanza, trionfa l’ammòre.

Grandi emozioni: prima di tutto, Nina Sharp, capo supremo della potente Massive Dynamic, si spara un colpo in testa da vera eroina per evitare che gli osservatori le leggano nel pensiero, salvando così i nostri amatissimi protagonisti.
Olivia, traboccante di Cortexiphan, scatena tutti i suoi superpoteri per sconfiggere il capitano Windmark, lanciandogli praticamente addosso un camion.
L’abbraccio padre-figlio tra Peter e Walt, con reciproca dichiarazione d’amore: lacrimoni!
L’uso, contro gli osservatori, di tutte le strane sostanze trovate nei precedenti casi Fringe. Menzione d’onore alle pallottole galleggianti di Walt. Citando le sue parole, non le usiamo perché sono utili, ma perché sono cool.
Il ritrovamento nell’ambra della nostra beniamina a macchie, la mucca Gene.
E infine, dulcis in fundo, lui: Walter Bishop. Nato come scienziato pazzo che si imbottisce di LSD e twizzlers alla fragola, chiude la serie come un cazzutissimo eroe che salva il figlio, la famiglia del figlio e tutti gli universi. Respect!
Comunque, diciamocelo: la cosa più bella di Fringe è che, adesso che è finita, è certamente più apprezzabile. Se non altro perché, anche se rimangono dei punti oscuri, possiamo far finta che ci torni tutto. Per esempio, possiamo fingere di aver notato sin dall’inizio che in ogni puntata della prima stagione compare un osservatore. Possiamo fingere di aver decifrato tutti i glifi – e soprattutto di aver sempre saputo della loro esistenza. Possiamo fingere di aver capito tutti i collegamenti fra episodi, stagioni, linee narrative: dal perché alla fine Peter riceve la lettera con il tulipano bianco (a quanto pare riconducibile alla storia di Peck, nella seconda stagione) a dove è finito William Bell dopo che il passato è cambiato.
Quindi, visto e considerato che noi abbiamo capito tutto, lasciamo a voi le domande marzulliane: avendo cambiato il passato, Nina Sharp è rimasta morta?
Walter Bishop, sempre in virtù del fatto che ha salvato il passato, perché non è nella scena finale con Olivia ,Peter ed Etta?
Ma soprattuto: che fine ha fatto Gene la mucca?
Paola Brembilla e Carlo Marchetti